Le metafore del giurista creativo

Per la comprensione (rectius, interpretazione) della realtà che ci circonda assume fondamentale importanza il tentativo di descriverla, nella specie mediante il ricorso a definizioni, che servono –letteralmente– a stabilire confini. Poiché, tuttavia, per dirla con Protagora, homo mensura rerum, ossia «di tutte le cose è misura l’uomo, di quelle che esistono in quanto esistenti, e di quelle che non esistono in quanto inesistenti», tale attività -per così dire- ermeneutica dà il meglio di sè non tanto quando cerca semplicemente di descrivere l’esistente in natura, ovverosia il concreto e palpabile che ci circonda in senso fisico, ma piuttosto quando si occupa dell’etereo mondo delle idee, tanto caro a Platone, per definire così una realtà esclusivamente concettuale ed altrimenti inesistente, e pertanto creandone di nuova per il fatto stesso e solo di immaginarla, giacché «se non esistesse nulla, non ci sarebbe nulla da pensare», per dirla questa volta con Parmenide.

A tale regola più che millenaria non fa eccezione il mondo del diritto, anzi.
L’autore di un fortunato manuale parla in proposito di metafore del linguaggio giuridico, le quali creano vere e proprie entità astratte ovverosia figure altrimenti inesistenti, come ad esempio le persone giuridiche o i titoli di credito.
Il concetto è stato ripreso ed ulteriormente sviluppato, di recente, in un’opera assai piacevole, che rende esplicito sin dal titolo tale potere creativo del giurista, paragonabile per certi versi all’onnipotenza del Legislatore, per chi ci crede.

Si tratta comunque di metafore, cioè efficaci sintesi verbali utili al discorso, ma pur sempre “belle menzogne” (cit.), neppure tutte belle(1) e nemmeno tutte utili(2).

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(1)L’ipertrofia concettuale del nostro ordinamento giuridico riesce a distinguere, ad esempio, tra sosta, fermata e arresto, tra ciclomotore e motociclo, tra sorpasso e superamento, senza avvertire il benché minimo disagio definitorio.
(2)«La lingua giuridica costituisce dunque una più o meno alta barriera per gli estranei, che vogliano penetrare nel campo presidiato dagli specialisti di tale varietà.[…] Questa funzione di confine, di separazione, che è consueta per tutte le lingue speciali (basti pensare alla lingua medica), può tuttavia trasformarsi in un problema acuto nel nostro caso, perché, proprio per la sua funzione di regolare i rapporti interpersonali, il diritto dovrebbe riuscire immediatamente comprensibile a tutti i componenti di una società. Basta pensare al principio secondo cui “nessuno può invocare a proprio scusa l’ignoranza della legge penale” (art. 5 cod. pen.)»: Il linguaggio giuridico. Prospettive interdisciplinari.

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