Il protocollo PCT di Firenze

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Il protocollo PCT di Firenze (che è possibile scaricare cliccando qui), presentato al pubblico il 05/12/2013, intende sopperire, attraverso le cosiddette best practices, alle lacune normative e regolamentari del processo civile telematico.

Tale approccio, sicuramente meritorio, presenta numerosi aspetti interessanti, molti dei quali positivi (insiti nella ratio stessa del protocollo) ed altri negativi (insiti nella natura stessa di siffatta raccolta di prassi locali, che costituisce, da un lato, una ulteriore frammentazione del rito civile in base al luogo in cui il processo è celebrato e, dall’altro, in alcuni casi, una violazione della gerarchia delle fonti).

Ad ogni modo, sicuramente degni di rilievo sono i punti che qui di seguito segnalo, rinviando per il resto al testo integrale del protocollo:

1) Le deduzioni a verbale. Nel prevedere che anche il verbale d’udienza sia telematico, cioè redatto a computer (si ricorda, comunque, che per il verbale di causa non non v’è l’obbligo di redigerlo telematicamente), il protocollo stabilisce le modalità con cui gli avvocati possono in tal caso provvedere al deposito digitale del vecchio “foglio da considerarsi parte integrante del verbale d’udienza”, stabilendo appunto che le deduzioni d’udienza possono essere presentate su supporto informatico (chiavetta usb, ecc.), che il Giudice inserisce nel verbale telematico d’udienza.

Osservazioni: La previsione in commento è sicuramente positiva. L’unico dato da rilevare è lo scollamento (di cui il protocollo prende implicitamente atto) tra codice di rito (secondo cui verbale è redatto dal Cancelliere: art. 130 cpc) e realtà processuale (la presenza del Cancelliere in udienza è un evento più unico che raro): la violazione della legge è ufficialmente entrata nella prassi.

2) La sottoscrizione del teste. Nel prevedere che anche il verbale d’udienza sia telematico, cioè redatto a computer (si ricorda, comunque, che per il verbale di causa non non v’è l’obbligo di redigerlo telematicamente), il protocollo affronta la (delicata) questione della sottoscrizione del teste, stabilendo che: a) ove il teste sia provvisto di firma digitale, gli si fa firmare il verbale telematico; b) ove il teste ne sia invece sprovvisto, le alternative protocollari sono: b1) il giudice stampa il verbale e raccoglie la sottoscrizione di pugno del teste; b2) con il consenso dei difensori, dichiara che il teste è impossibilitato a sottoscrivere facendone menzione nel verbale telematico (art. 126 cpc).

Osservazioni: Le soluzioni “telematiche” proposte dal protocollo non appaiono condivisibili. Quanto alla soluzione sub a), siccome il verbale telematico è redatto sulla consolle del magistrato, non si capisce come possa un terzo (nella specie, il teste) ivi apporre la propria firma digitale, per non parlare dei problemi di sicurezza legati all’uso di una chiavetta USB (potenziale portatrice di virus) nel computer del giudice; quanto alla soluzione sub b2), la norma dell’impossibilità a sottoscrivere è chiaramente inapplicabile alla fattispecie, tant’è vero che lo stesso protocollo richiede il consenso espresso e preventivo dei difensori all’applicazione della citata norma; tuttavia, il consenso degli avvocati ad applicare una norma inapplicabile (che si traduce alla rinuncia a far valere la nullità ex art. 157 co. 3 cpc) contrasta con il principio del corretto svolgimento del processo: il giudice dovrebbe evitare di compiere irregolarità ed atti nulli ancorché con il consenso delle parti. Se a ciò si aggiunge che, come detto, il verbale di causa non rientra tra gli atti che devono necessariamente farsi per via telematica, la forzatura processuale che precede appare ancora più aberrante, senza peraltro parlare del “retropensiero” che sta alla base della richiesta di consenso (rectius, di rinuncia alla nullità), ovverosia: “l’avvocato che si azzarda a non consentire, se ne pentirà in sentenza”, al pari di quanto sovente denunciano le Camere Penali con riferimento al consenso alla rinnovazione degli atti.

3) Il giuramento del CTU. Il protocollo prevede che, ove il CTU sia sprovvisto di firma digitale e non possa quindi sottoscrivere il verbale d’udienza telematico, il giudice si limita a darne atto a verbale.

Osservazioni: In proposito valgono le considerazioni già fatte con riferimento alla sottoscrizione del teste, con la precisazione che, nel caso del CTU (ed a differenza del teste), la sua firma non è espressamente e specificamente prevista dal codice di rito (che, è bene ricordarlo, occupa una posizione preminente rispetto alle varie regole tecniche e protocollari), sicché la mancata raccolta della sua firma appare stridere meno con la legge (la quale tuttavia, prevede comunque un generico obbligo di sottoscrizione da parte dei soggetti intervenuti in udienza ex art. 126 cpc).

4) La firma digitale del giudice. Il protocollo ricorda che la firma digitale del magistrato è un file esterno (meramente) associato al documento informatico sottoscritto, e quindi non presente nel file .pdf ma solo nei registri della Cancelleria.

Osservazioni: Tale rilievo conferma la tesi secondo cui, in difetto di specifica normazione, sarà difficile poter utilizzare direttamente il file allegato alle comunicazioni di cancelleria (ad es., ai fini della relativa notifica), giacché -quand’anche ritenuto “autentico” o comunque autenticabile (magari dallo stesso difensore)- sarebbe pur sempre un file privo di sottoscrizione del giudice.

5) I biglietti di cancelleria. Il protocollo ricorda che il biglietto di cancelleria inviato a mezzo pec deve contenere in allegato il testo integrale del provvedimento che si offre in comunicazione; in difetto, cioè ove l’allegato manchi, o non sia integrale, la parte ha diritto alla rimessione in termini (art. 153, co. 2, cpc).

Osservazioni: Nessuna.

6) Il deposito di atto principale in formato non consentito dalla specifiche tecniche. Secondo il protocollo, “non è consentito” il deposito di atto principale  in pdf immagine anziché pdf testuale.

Osservazioni: Il protocollo non chiarisce, in diritto, quid juris allorché l’atto sia stato depositato in formato “non consentito”, ovvero se il deposito stesso debba in tal caso ritenersi inammissibile, invalido, irrituale.