Protocollo PCT: regole di interpretazione delle norme del Processo Civile Telematico e prassi di tenuta di udienza

L’Osservatorio di Firenze ha pubblicato la versione aggiornata del protocollo PCT, che sarà presentato ufficialmente al pubblico il 5 dicembre prossimo.

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La PEC non-PEC

Come ho ricordato in questo articolo, attraverso un apposito servizio internet il governo italiano ha rilasciato gratuitamente (ma solo fino a febbraio 2014), a chiunque ne faccia richiesta, una casella di Posta Elettronica Certificata, che rappresenta il domicilio digitale del cittadino.

Attenzione, però.

Come emerge dall’avviso ai Curatori fallimentari, queste PEC “non sono propriamente PEC“:PECnonPEC

Ovviamente, trattandosi di “PEC non propriamente PEC”, queste PEC-non-PEC sono inidonee a fare ciò che fanno le vere PEC, e l’avviso di cui sopra sottolinea appunto questa loro ontologica inadeguatezza, straordinariamente ossimorica e dal sapore vagamente orwelliano:

ossimorica

adde: PEC is not PEC

Ne deriva la meravigliosa (si fa per dire) conseguenza che uno dei cinque “pubblici elenchi” (necessari per la notifica telematica in proprio), e precisamente il domicilio digitale del cittadino (che appunto contiene queste PEC-non-PEC), non può essere utilizzato ai fini delle suddette notifiche da parte dell’avvocato, proprio perché queste bizzarre PEC valgono soltanto nei rapporti tra PA e cittadini.

Con perfetta coerenza logica, pertanto, queste “PEC-non-PEC” danno quindi luogo ad un “elenco-non-elenco”. Geni assoluti.

Ma non solo.
Per le stesse (irrazionali) ragioni, la PEC-non-PEC in questione non può essere usata neppure da imprese o professionisti ed in particolare dagli avvocati ai fini giudiziari (rectius, per l’inserimento nel REGINDE e nell’INI-PEC),  come appunto recentemente ricordato dal Ministero dello Sviluppo Economico, con propria circolare n. 6391 del 15 gennaio 2014 ((In arg. cfr. D&G del 20/01/2014, La Pec del cittadino è per il cittadino: Ordini e Collegi professionali non possono utilizzarla, nonché ProfessioneGiustizia , Il professionista non puo’ utilizzare la CEC-PAC al posto della PEC. In arg. cfr. pure Mario Dal Co, La posta elettronica pubblica certificata: ovvero gli errori da non continuare a ripetere, in LeoniBlog.it)).

Unione Lombarda dei COA: vademecum per le notifiche in proprio

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Slide: le notifiche telematiche in proprio

Il telematico ha messo la freccia

Firma digitale, posta elettronica certificata, comunicazioni e notificazioni in forma telematica sono destinati a scavalcare il mezzo cartaceo e le difficoltà organizzative legate al suo utilizzo.

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La stampa su carta dell’atto telematico

forli

La PEC indicata nell’atto giudiziario prevale sulla domiciliazione ex lege in cancelleria dell’avvocato che opera fuori dalla propria circoscrizione

L’art. 82 r.d. 22 gennaio 1934 n. 37 – secondo cui gli avvocati, i quali esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati, devono, all’atto della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l’autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso, intendendosi, in caso di mancato adempimento di detto onere, lo stesso eletto presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria adita – trova applicazione in ogni caso di esercizio dell’attività forense fuori del circondario di assegnazione dell’avvocato, come derivante dall’iscrizione al relativo ordine professionale, e, quindi, anche nel caso in cui il giudizio sia in corso innanzi alla corte d’appello e l’avvocato risulti essere iscritto all’ordine di un tribunale diverso da quello nella cui circoscrizione ricade la sede della Corte d’appello, ancorché appartenente allo stesso distretto di quest’ultima. Tuttavia, a partire dalla data di entrata in vigore delle modifiche degli art. 125 e 366 c.p.c., apportate dall’art. 25 l. 12 novembre 2011 n. 183, esigenze di coerenza sistematica e d’interpretazione costituzionalmente orientata inducono a ritenere che, nel mutato contesto normativo, la domiciliazione “ex lege” presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria, innanzi alla quale è in corso il giudizio, ai sensi dell’art. 82 del r.d. n. 37 del 1934, consegue soltanto ove il difensore, non adempiendo all’obbligo prescritto dall’art. 125 c.p.c. per gli atti di parte e dall’art. 366 c.p.c. specificamente per il giudizio di cassazione, non abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine.

Cassazione civile, sez. un., sentenza n. 10143 del 20 giugno 2012

Sentenza telematica e termine lungo per l’impugnazione: il dies a quo della pubblicazione della sentenza

Aggiornamento del 15 febbraio 2015.

Il principio espresso dalla Cassazione (v. in calce), secondo cui il termine lungo per l’impugnazione della sentenza decorrerebbe dalla data di deposito della sentenza stessa da parte del giudice, è stato corretto dalla Consulta, che – dando una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 133 cpc – ha appunto affermato che l’attività del Cancelliere rimane tuttora imprescindibile ai fini della conoscibilità erga omnes del provvedimento, sicché il termine lungo non può che decorrere da tale data, giacché – diversamente – un ritardo del Cancelliere nella pubblicazione della sentenza “inciderebbe sul fondamentale diritto all’impugnazione, riducendone, talvolta anche in misura significativa, i relativi termini” (Corte Costituzionale, sentenza 22 gennaio 2015 n. 3).

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A norma dell’art. 133 cod. proc. civ. la consegna dell’originale completo del documento – sentenza al cancelliere nella cancelleria del giudice che l’ha pronunciata, avvia il procedimento di pubblicazione della sentenza che si compie, senza soluzione di continuità, con la certificazione del deposito mediante l’apposizione, in calce alla sentenza, della firma e della data del cancelliere che devono essere contemporanee alla data della consegna ufficiale della sentenza, in tal modo resa pubblica per effetto di legge. È pertanto da escludere che il cancelliere, nell’espletamento di tale attività preposto alla tutela della fede pubblica (art. 2699 cod. civ.), possa attestare che la sentenza, già pubblicata per effetto dell’art. 133 cod. civ. alla data del suo deposito, è pubblicata in data successiva, e se sulla sentenza sono stati apposte due date, una di deposito, senza espressa specificazione che il documento depositato contiene la minuta della sentenza, e l’altra di pubblicazione, tutti gli effetti giuridici derivanti dalla pubblicazione della sentenza decorrono dalla data del suo deposito.

Corte di Cassazione, Sez. Unite Civ. (Presidente Adamo – Relatore Chiarini), sentenza. n. 13794 del 2 agosto 2012

Cfr. pure:
– Circolare n. 83/2012 del Presidente del Tribunale di Bologna

Fonti:
Ordine Avvocati Bologna