Anzitutto, è bene chiarire che l’autentica dell’avvocato è necessaria anche se la procura alle liti sia sottoscritta dal cliente con firma digitale: infatti, il dispositivo di firma digitale (generalmente una chiavetta USB) non garantisce anche che il dispositivo stesso sia stato (legittimamente) usato dal titolare e non (abusivamente) da terzi (circostanza, questa, che è invece possibile appurare se la firma -analogica o digitale- è apposta di persona). Ma, anche a prescindere da ciò, è la legge stessa a prevedere che pure in tale ipotesi l’autentica sia necessaria, quindi è giuridicamente irrilevante quanto sia tecnicamente affidabile l’algoritmo di firma, come appunto chiarito in questo articolo.
Sempre in via di chiarimenti preliminari, è bene ricordare che il potere di autentica dell’avvocato è limitato all’Italia (per tutte, Cass. n. 5840/2007), quindi per firma “a distanza” intendiamo necessariamente quella apposta non alla presenza del difensore autenticante, ma comunque dal cliente che si trovi all’interno del territorio nazionale.
Ciò detto, per quanto qui di interesse, l’autentica “a distanza” della firma del cliente da parte dell’avvocato pone due distinte questioni: una deontologica ed una civilistica (non esamineremo quindi aspetti ulteriori, come ad esempio quello penale, ovvero dell’eventuale falso).
Con riferimento alla prima questione, ovvero quella deontologica, il CNF ha avuto modo di precisare che:
L’autenticazione della firma di procura alla lite da parte dell’avvocato non richiede che egli abbia personalmente ricevuto la sottoscrizione da parte del cliente, pertanto non può ritenersi responsabile deontologicamente l’avvocato che abbia autenticato una firma risultata falsa ove non vi sia la prova che la procura attestasse che la sottoscrizione era avvenuta in presenza del professionista medesimo (Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 176/2005).
Dal punto di vista civilistico, invece, la giurisprudenza ha chiarito che:
Per la procura alle liti ex art. 83 cpc, quand’anche formata all’estero, valgono le norme in tema di scrittura privata autenticata previste dal nostro Ordinamento giuridico, sicché è necessario che: 1) la sottoscrizione sia apposta alla presenza di chi la autentichi; 2) sia accertata l’identità del sottoscrittore (Tribunale di Modena, sentenza n. 1991/2017)
Infine, questione ulteriore -ma affatto diversa- riguarda la prova del fatto, ovvero l’accertamento in concreto che la firma autenticata dall’avvocato sia stata apposta non in sua presenza, considerato che a tal fine non è sufficiente una mera eccezione di parte ma è invece necessaria una vera e propria querela di falso.
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