La promessa di matrimonio (o sponsali)

§ 1. La promessa di matrimonio.

La promessa di matrimonio (o sponsali) “si identifica nel c.d. fidanzamento ufficiale e sussiste quando ricorra una dichiarazione, espressa o tacita, normalmente resa pubblica nell’ambito delle parentele, delle amicizie e delle conoscenze, di volersi frequentare con il serio proposito di sposarsi”[1].

Secondo l’art. 79 c.c., “la promessa di matrimonio non obbliga a contrarlo né ad eseguire ciò che si fosse convenuto per il caso di non adempimento”, rinvenendosi in tale non vincolatività della promessa stessa un “principio di ordine pubblico posto a garanzia della libertà della persona, sotto il profilo della libertà matrimoniale”[2] (liberas nuptias esse placuit[3]). Pertanto, considerato che nessun impegno giuridico nasce dalla promessa, questa non è un negozio giuridico[4].

§ 2. La restituzione dei doni.

I doni fatti a causa della promessa di matrimonio (sia essa bilaterale o unilaterale, semplice o solenne[5]) devono essere restituiti se le nozze non hanno luogo (art. 80, co. 1, c.c.)[6], quale che sia stata la ragione per cui il matrimonio non si sia celebrato[7]. Pertanto, la restituzione può essere chiesta non solo dal soggetto abbandonato, ma pure dall’autore dell’ingiustificato recesso[8].

È comunque pacificamente esclusa la ripetizione di quei doni immediatamente consumabili o comunque destinati a perire con l’uso cui sono destinati[9].

Con particolar riferimento alle fotografie ed alle lettere, si ritiene che le prime siano ripetibili; mentre per quanto riguarda le seconde, “qualora il destinatario non consenta alla restituzione, il giudice non potrà impedirgliela, ma potrà ordinare la distruzione della corrispondenza”[10].

Il diritto alla restituzione dei doni è soggetto al termine di decadenza (e, quindi, non soggetto ad interruzione[11]) di un anno (art. 80, co. 2, c.c.).

§ 3. Il risarcimento dei danni.

Secondo l’art. 81 c.c., quando la promessa di matrimonio sia reciproca[12] ed abbia forma scritta o risulti dalla richiesta delle pubblicazioni, l’ingiustificato[13] rifiuto di contrarre matrimonio obbliga ad indennizzare l’altra parte per i danni consistenti nelle spese fatte e nelle obbligazioni assunte in vista del matrimonio[14], sempreché si tratti di spese e di obbligazioni proporzionate alle condizioni economiche del soggetto[15], come ad esempio le spese o le obbligazioni assunte per l’abito nuziale, la stampa delle partecipazioni, l’acquisto dei mobili, ecc.[16]. Con particolare riferimento alle spese relative all’arredamento della futura casa coniugale, si è osservato che il risarcimento del danno dovrà essere limitato alla “differenza tra la spesa ed il ricavabile [dalla vendita] onde evitare un ingiustificato arricchimento”[17].

È comunque esclusa la risarcibilità del danno morale (come ad es. quello provocato dal trauma psichico della rottura del fidanzamento)[18].

Quanto alla forma della promessa si è considerata valida una promessa contenuta non in un apposito atto, ma dedotta dalla corrispondenza ed eventualmente provata dalle lettere esibite da uno solo dei contraenti[19].

Soltanto il destinatario della promessa è legittimato alla proposizione dell’azione risarcitoria di cui all’art. 81 c.c.[20], con la precisazione che la domanda di risarcimento danni non è proponibile dopo un anno dal giorno del rifiuto di celebrare il matrimonio (art. 81, u.c., c.c.).

Secondo la tesi più accreditata, infine, non si tratterebbe di responsabilità contrattuale o extracontrattuale, ma piuttosto di un tertium genus consistente in una “mera conseguenza giuridica”[21].

NOTE
[1] Cass. n. 3015/1983.

[2] Rossi Carleo, Commentario al codice civile diretto da P. Cendon, art. 79, pag. 265.

[3] Torrente, Manuale di diritto privato, pag. 781.

[4] Bianca, Diritto Civile, Vol. 2, pag. 56. Nello stesso senso, Grasselli-Dalla Serra, Commentario al codice civile diretto da P. Cendon, Agg. 1991-2001, art. 79, pag. 232.

[5] Trib. Roma 5 febbraio 1979. V., pure, Cass. n. 1260/1994, secondo cui – inoltre – tali atti di liberalità “costituiscono vere e proprie donazioni, soggette come tali ai relativi requisiti di forma e capacità”. Nello stesso senso, Gazzoni, Manuale di diritto privato, pag. 324. Contra, Cass. n. 3015/1983, secondo cui “tali doni, trovanti fonte nella consuetudine, non nascono da un contratto, né in particolare da un contratto di donazione, non richiedono alcuna forma o requisito di capacità di agire da parte dei fidanzati”; nello stesso senso, Torrente, op. cit., pag. 781.

[6] E’ controversa in dottrina la distinzione tra tale donazione e quella di cui all’art. 785 c.c. In arg., cfr. Bianca, op. cit., pag. 58. V., pure, App. Roma, secondo cui “il dono di un anello, ancorché di notevole valore, fatto dal fidanzato alla fidanzata, non può considerarsi come donazione in riguardo di matrimonio, regolata dall’art. 785 c.c., bensì come regalo fatto a causa della promessa, e ricade pertanto nella disciplina contenuta nell’art. 80 c.c.”.

[7] Bianca, op. cit., pag. 57.

[8] Rossi Carleo, op. cit., art. 80, pag. 266. Torrente, op. cit., pag. 781. Cass. n. 1260/1994, n. 3025/1983.

[9] Grasselli-Dalla Serra, op. cit., art. 80, pag. 233.

[10] Rossi Carleo, op. cit., art. 80, pag. 267. Nello stesso senso, Grasselli-Dalla Serra, op. cit., art. 80, pag. 234.

[11] V. norme in tema di decadenza. In arg., cfr. Grasselli-Dalla Serra, op. cit., art. 80, pag. 234.

[12] Grasselli-Dalla Serra, op. cit., art. 81, pag. 235.

[13] La ingiustificatezza del rifiuto è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice, che terrà conto delle diverse variabili concrete: Rossi Carleo, op. cit., art. 81, pag. 269.

[14] Loi, Promessa di matrimonio, in Enc. Dir., pagg. 86-7, secondo cui, se da un lato la formazione del vincolo matrimoniale deve essere assolutamente libero (art. 79 c.c.), dall’altro lato la previsione dell’obbligo di risarcimento di cui all’art. 81 c.c. “tende a riequilibrare, secondo equità, una situazione patrimoniale eventualmente lesa”.

[15] Bianca, op. cit., pag. 56.

[16] Galgano, op. cit., pag. 759, Torrente, op. cit., pag. 781.

[17] Loi, op. cit., pag. 93.

[18] Rossi Carleo, op. cit., art. 81, pag. 269. Nello stesso senso, Grasselli-Dalla Serra, op. cit., art. 81, pag. 237. Contra, Cass. n. 7493/1993, secondo cui “colui che si avvale del fidanzamento ufficiale per ottenere dalla donna l’assenso all’amplesso, è tenuto al risarcimento dell’ingiusto danno sofferto dalla donna”

[19] Cass. n. 2271/1951, cui pare aderire Rossi Carleo, op. cit., art. 81, pag. 268. Assolutamente contrari, invece, sono Grasselli-Dalla Serra, op. cit., art. 81, pag. 235.

[20] Pret. Milano 2 dicembre 1999.

[21] Trib. Verona, Cass. n. 539/1966, Grasselli-Dalla Serra, op. cit., art. 81, pag. 236, Gazzoni, Manuale di diritto privato, pag. 325. Contra, Bianca, op. cit., pag. 57, secondo cui si tratterebbe di responsabilità extracontrattuale.

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