Affinché rilevi giuridicamente, il rifiuto di cure mediche deve essere “attuale”, cioè manifestato quando il paziente sia consapevole dei propri problemi di salute e quindi dei rimedi sanitari che sarebbero necessari per porvi rimedio, perché solo in quel momento può dirsi conscio dei rischi effettivi che correrebbe in caso di un suo eventuale rifiuto alle cure stesse. Una consapevolezza del genere manca infatti nel caso in cui il diniego a trattamenti sanitari sia stato manifestato precedentemente, ossia in condizioni di piena salute, cioè quando il (futuro) paziente non conosce (ancora) quale sarà la propria condizione sanitaria né le specifiche cure mediche di cui si avrebbe bisogno, né infine le conseguenze che un rifiuto del genere produrrebbe nel proprio organismo (Nel caso di specie, un testimone di Geova, vittima di un incidente, veniva trasportato all’ospedale in stato di incoscienza. Nonostante avesse indosso un cartellino con scritto “niente sangue”, i medici lo avevano comunque sottoposto a trasfusione, che è stata appunto giudizialmente ritenuta legittima)
Corte di Cassazione, sentenza n. 23676 del 15 settembre 2008
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