Doveri coniugali: inutile chiedersi se riguardino anche i conviventi more uxorio

Si ritiene comunemente[1] che l’art. 143 cc (secondo cui i coniugi hanno reciproci obblighi di fedeltà, assistenza, collaborazione e coabitazione) sia inapplicabile alla famiglia di fatto, giacché -si è argomentato- i conviventi more uxorio, decidendo di non sposarsi, manifesterebbero così l’intenzione di sottrarsi a tutti quei diritti e doveri che discendono appunto dal matrimonio.
 
La questione è mal posta.

Infatti, nell’ambito della stessa famiglia legittima, i doveri di cui all’art. 143 cit. sono incoercibili (rectius, “in forma specifica”), e la loro violazione non comporta peraltro alcuna sanzione risarcitoria neppure “per equivalente” (fatte salve rarissime, quanto arcaiche, eccezioni giurisprudenziali, che tuttavia non mi sento di condividere).

Conseguentemente, già in questi termini, estendere o meno quei doveri coniugali alla famiglia di fatto non produrrebbe alcuna conseguenza in sede risarcitoria, ossia economica, di rilievo giuridico.

Escluso, altresì, che la violazione dei doveri coniugali incida negativamente, di per sè, sull’affidamento della prole[2], le uniche conseguenze (giuridiche) che discendono dalla violazione dell’art. 143 cit. riguardano, in buona sostanza, l’addebito della separazione (art. 151 cc).
Ma ciò conferma, ancora una volta, che è veramente inutile domandarsi (e quindi rispondersi) se i doveri di cui all’art. 143 cc si applichino o meno alla convivenza di fatto, giacché per questa non è prevista la separazione né, a fortiori, quella con addebito.

In altri termini, non avendo senso accertare i presupposti dell’addebito nella famiglia di fatto, non ha quindi neppure senso verificare se uno o entrambi i conviventi abbiano violato i doveri di cui all’art. 143 cc, e pertanto, in definitiva, non ha senso appurare se tali doveri siano applicabili o meno alla convivenza more uxorio.

In definitiva, quantomeno nell’ambito del diritto civile, affermare o negare che i doveri coniugali siano applicabili anche alla famiglia di fatto non è sbagliato né giusto, ma semplicemente inutile (anche perché nei rapporti con i figli l’equiparazione tra famiglia di fatto e famiglia legittima è invece totale[3]).

NOTE:
[1] In arg. cfr. Asprea S, La famiglia di fatto – In Italia e in Europa, pagg. 93-98, nonché Paradiso M., I rapporti personali tra coniugi, in Commentario Schlesinger (ora Busnelli), art. 143-148, pag. 101
[2] Trib. Modena, Giud. Rel. Dott. Iovino P. – Pres. Dott. Stanzani G., sentenza n. 281 del 20 febbraio 2008
[3] In arg. cfr. Rudi, Sulla convivenza more uxorio; Rudi, Cessazione della convivenza more uxorio e mantenimento della prole naturale; Rudi, Possibili rimedi giudiziali in caso di inadempimento del genitore all’obbligo di mantenere il proprio figlio naturale.

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