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Indice:
Introduzione
Parte prima: Aspetti giuridici di una nuova figura di danno denominata “danno esistenziale”
§1. Il danno alla persona: evoluzione storica
§2. Il danno esistenziale
§3. La lesione alla salute del congiunto: il risarcimento dei c.d. danni riflessi o da rimbalzo
Parte seconda: Il contributo dello psicologo nella determinazione del danno esistenziale
§1. Danno psichico, danno morale, danno esistenziale
§2. La metodologia diagnostica
§2.1. Il colloquio clinico
§2.2. Il supporto testistico
§2.3. L’anamnesi oggettiva
§3. Danno esistenziale e nesso di causalità
Conclusioni
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INTRODUZIONE
Dopo l’accoglimento della figura del c.d. danno biologico, il sistema di tutela risarcitoria della persona è andato incontro ad una profonda evoluzione, attraverso cui è stata rovesciata la logica patrimonialistica sottesa al modulo tradizionale di responsabilità civile.
Tale vicenda rappresenta tuttavia soltanto l’inizio di un ampio processo di evoluzione incentrato sulla persona globalmente intesa, in una prospettiva volta al superamento della dualità tra soggetto di diritto e uomo, tra centro d’imputazione d’interessi giuridici e portatore di valori individuali. Da qui l’emersione di un paradigma alternativo rispetto al passato, cioè di un modello al cui interno trova posto la sfera di esplicazione esistenziale dell’uomo e, con questa, la nascita di una nuova categoria di danno nota come danno esistenziale.
In buona sostanza, il danno esistenziale è ritenuto insito nella compromissione di una delle molteplici espressioni della personalità umana, non necessariamente connessa al bene salute, né legato ad un pregiudizio economico o ad un danno non patrimoniale.
Non è questa, ovviamente, la sede per approfondire il dibattito sul fondamento giuridico di tale innovativo istituto risarcitorio, per cui nelle pagine che seguono ci limiteremo ad osservare che – nonostante le immancabili critiche e resistenze sollevate da molti operatori del diritto – buona parte della dottrina e della giurisprudenza registra, oramai, numerosi precedenti in cui si riconosce il danno riflesso-esistenziale come categoria autonoma di danno da considerare ai fini risarcitori.
Il presente lavoro si pone pertanto l’obiettivo di descrivere questa nuova categoria di danno (parte prima), e quindi proporre un metodo di valutazione psicologica (parte seconda), senza tuttavia prescindere dal fatto che occorre accertare – e non solo presumere – l’esistenza di questa nuova fattispecie di danno – qual è appunto quella del danno esistenziale -, attuale frontiera del danno alla persona.
A ciò si aggiunga che, a differenza del danno biologico, il danno esistenziale non può essere – per sua natura – oggetto di consulenza medico-legale, necessitando, invece, di un accertamento psicologico in grado di accertare la pretesa risarcitoria.
Come vedremo, infatti, non potrà essere ritenuta sufficiente la mera titolarità di un rapporto familiare, e neppure l’affermazione di aver patito un dolore per effetto della lesione di cui il congiunto sia rimasto vittima. Occorrerà piuttosto verificare di volta in volta “in cosa” il legame affettivo sia consistito, “se” ed “in che misura” l’evento lesivo patito dalla vittima primaria abbia compromesso una delle molteplici espressioni della personalità umana dei congiunti.
PARTE PRIMA:
aspetti giuridici di una nuova figura di danno denominata “danno esistenziale”.
§1. IL DANNO ALLA PERSONA: EVOLUZIONE STORICA.
Fino alla metà degli anni ’70 la nostra giurisprudenza si fondava sul seguente sillogismo:
a) il danno non può che essere o patrimoniale o morale;
b) la compromissione della salute non costituisce una lesione diretta del patrimonio, anche se può avere conseguenze patrimoniali;
c) la lesione alla salute in sé costituisce danno morale.
In particolare, si diceva che la lesione alla salute non poteva produrre che due effetti: il dolore (danno morale) e la contrazione del reddito (danno patrimoniale).
Il danno risarcibile alla persona da fatto illecito altrui risultava quindi definito con due voci principali[1]:
– danno patrimoniale, consistente nella perdita di vantaggi economici dell’attività lavorativa e della vita di relazione;
– danno morale o “pretium doloris”, che comprendeva le sofferenze, il disagio, le mortificazione e perturbazioni influenti sullo stato d’animo.
Il nuovo corso in tema di danno alla persona prende invece le mosse da una moderna lettura dell’art. 32, 1° comma, della Costituzione, con l’introduzione, in tema di valutazione del danno, del concetto di “salute” così come inteso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, ovvero non solo come stato di benessere fisico, ma come qualità della vita, come benessere anche psichico, in ogni ambito dell’estrinsecarsi della persona umana. Da qui la nascita di un nuovo concetto di danno, il danno biologico, che si aggiunge e distingue dalle forme precedenti e che va a formare un nuovo modello di danno alla persona che risulta così costituito:
– danno patrimoniale[2];
– danno non patrimoniale morale[3];
– danno biologico[4].
Per danno biologico deve intendersi la menomazione dell’integrità psico-fisica in sé considerata, in quanto incidente sul valore uomo in tutta la sua concreta dimensione, e prescindendo pertanto dall’attitudine del soggetto danneggiato a produrre ricchezza. Esso si ricollega, quindi, alla somma delle funzioni naturali afferenti al soggetto nell’ambiente in cui la vita si esplica, e si estende pertanto a tutti gli effetti negativi incidenti sul bene primario della salute, quale diritto inviolabile alla pienezza della vita ed all’esplicazione della propria personalità morale, intellettuale e culturale[5]. Presupposto per l’esistenza, e quindi per la risarcibilità del danno biologico, è l’accertata esistenza di una patologia, permanente o transuente, della quale soffra o abbia sofferto il corpo o la psiche. Il danno biologico è dunque soltanto quello corpore corpori illatum, naturalmente comprendendo nel concetto di corpus anche la salute mentale.
Il danno biologico, prendendo in considerazione oltre alla sfera produttiva anche la sfera spirituale, culturale, affettiva, sociale, sportiva e ad ogni altro ambito e modo in cui il soggetto svolge la sua personalità[6], rappresenta l’archetipo di una ulteriore nuova configurazione del danno ancora in via di definizione, il danno esistenziale, corrispondente alla compromissione della sfera di realizzazione della persona[7].
La determinazione di tale nuova categoria di pregiudizio nasce quindi dall’esigenza di garantire una salvaguardia risarcitoria degli aspetti peggiorativi intervenuti nella dimensione personale della vittima, indipendentemente dalle lesioni dell’integrità psicofisica del soggetto, e quindi a prescindere dal danno biologico.
§2. IL DANNO ESISTENZIALE
Come accennato, il danno esistenziale consiste nella compromissione della sfera di esplicazione di quelle attività che rappresentano un mezzo di realizzazione per il soggetto.
Il campo di tali attività realizzatrici della persona appare assai vasto, perciò può risultare opportuno raggrupparle in un preciso inventario delle singole attività compromesse dall’illecito riguardanti:
a) le attività biologico-sussistenziali;
b) le relazioni affettivo-familiari;
c) i rapporti sociali;
d) le attività di carattere culturale e religioso;
e) g
li svaghi e divertimenti.
Spetterà al giudice valutare in che termini ciascuno di questi settori appaia inciso dall’illecito. In particolare, bisognerà prendere in considerazione, da un lato, gli impedimenti sofferti dalla vittima rispetto ad attività che contribuiscono alla realizzazione personale e, dall’altro lato, l’imposizione di attività che concorrono a ridurre i margini di esplicazione individuale[8].
Il danno esistenziale può assumere una varietà di configurazioni, le quali nell’insieme rappresentano tutte le ripercussioni relazionali di segno negativo che non permettono lo sviluppo della persona del danneggiato. In particolare, esso può interessare:
· la sfera sessuale del coniuge[9];
· la salute del congiunto[10];
· la morte del congiunto e/o del familiare e i risvolti esistenziali del lutto[11];
· la procreazione[12];
· l’animale d’affezione[13];
· l’onore e l’identità personale[14];
· la riservatezza[15];
· l’ingiusta detenzione[16];
· la responsabilità medica[17];
· la persona del lavoratore[18];
· la violazione della libertà sessuale[19];
· il minore vittima di maltrattamenti e di abusi sessuali[20];
· l’induzione alla tossicodipendenza[21];
· le vittime dell’usura[22];
· le immissioni rumorose[23];
· il danno ambientale[24];
· la vacanza rovinata[25];
· la catastrofe[26].
In ciascuna delle ipotesi proposte non muta la natura dei riflessi pregiudizievoli coinvolti, ma – esclusivamente in termini quantitativi – muta l’impatto esistenziale di ciascun tipo di illecito.
La categoria del danno esistenziale deve ritenersi, quindi, già matura, organicamente strutturata e analizzata, anche se occorre riconoscere come non manchino punti sui quali sarà compito di giurisprudenza e dottrina chiarire ambiti ed ambizioni[27].
§3. LA LESIONE DELLA SALUTE DEL CONGIUNTO: IL RISARCIMENTO DEI C.D. DANNI RIFLESSI O DA RIMBALZO
Tra i menzionati gruppi di danno esistenziale, in questa sede si intende approfondire il danno subìto da quei soggetti legati da rapporti di natura familiare alla vittima della lesione personale, i quali si reputano anch’essi danneggiati dal fatto illecito del responsabile (c.d. danno riflesso o da rimbalzo).
In merito alla questione della legittimazione ad agire dei congiunti in caso di lesioni personali subite dal familiare, la giurisprudenza ha espresso tradizionalmente un orientamento di chiusura[28].
Gli argomenti storicamente utilizzati per motivare l’orientamento restrittivo sono stati differenti a seconda che la richiesta di risarcimento riguardasse il danno patrimoniale ovvero il danno non patrimoniale.
La giustificazione della non risarcibilità dei danni patrimoniali sarebbe ravvisabile nella circostanza che la pretesa dei congiunti risulta assorbita da quella della vittima della lesione personale, perchè il risarcimento a quest’ultima la pone in condizione di adempiere alla medesima prestazione di carattere patrimoniale a favore dei familiari.
Per quanto riguarda il danno non patrimoniale, secondo il principio della risarcibilità del solo danno diretto ed immediato stabilito dall’art. 1223 c.c., il risarcimento di tale tipo di danno spetterebbe soltanto a chi abbia direttamente ed immediatamente subìto la sofferenza, e non anche ai prossimi congiunti del danneggiato, perché costoro, soffrendo per le sofferenze del proprio familiare, non sarebbero colpiti in modo diretto ed immediato dalla condotta lesiva del terzo.
La questione della legittimazione ad agire nei confronti dei congiunti per le lesioni personali del familiare subisce una decisiva svolta ad opera di una pronuncia della Cassazione[29], che, attraverso una nuova argomentazione, afferma l’innovativo principio della risarcibilità in astratto della lesione dei c.d.d. “diritti riflessi” di cui siano portatori soggetti diversi dalla vittima iniziale del fatto illecito altrui ma legati a quest’ultima da particolari rapporti giuridici rilevanti. Anche se nel sottostante giudizio di merito, il tribunale aveva escluso in termini generali la possibilità del risarcimento ai congiunti, in linea di principio la Cassazione ha invece ammesso la possibile “propagazione intersoggettiva delle conseguenze dannose di uno stesso fatto generico illecito”, dove il fatto generico illecito è quello che ha causato la lesione personale della vittima iniziale mentre i soggetti in astratto coinvolti sono quelli portatori di diritti lesi di riflesso, ovvero di diritti che rappresentano i particolari rapporti giuridici che legano i familiari al soggetto leso.
Il definitivo riconoscimento della legittimazione ad agire dei congiunti si è tuttavia compiuto soltanto in una recente sentenza (Cass., 23 aprile 1998, n. 4186), con cui la Suprema Corte muta (definitivamente?) il proprio orientamento riconoscendo il diritto al risarcimento dei prossimi congiunti non solo in caso di morte ma anche di lesioni colpose, purché sia dimostrato il nesso di casualità con il danno subìto dalla vittima immediata dell’illecito. La motivazione della sentenza in termini di “danni riflessi” e “regolarità causale” diventa quindi lo strumento concettuale idoneo a superare le difficoltà insite nelle argomentazioni tradizionali, consentendo perciò ai giudici di superare le obiezioni di principio al risarcimento dei danni in favore dei congiunti perché soggetti terzi rispetto al fatto illecito.
È appena il caso di precisare, però, che per giustificare la pretesa risarcitoria non potrà essere ritenuta sufficiente la mera titolarità di un rapporto familiare e neppure l’affermazione di aver patito un dolore per effetto della lesione di cui il congiunto sia rimasto vittima. Occorrerà verificare (rectius: accertare), di volta in volta, in che cosa il legame affettivo sia consistito e se e in che misura l’evento lesivo patito dalla vittima primaria abbia inciso sulla relazione fino a comprometterne lo stesso svolgimento, in modo da evidenziare una sorta di “doppio livello di ingiustizia”, sia in relazione alla vittima primaria, sia in relazione alla vittima secondaria[30].
PARTE SECONDA:
IL CONTRIBUTO DELLO PSICOLOGO NELLA DETERMINAZIONE DEL DANNO ESISTENZIALE
§1. Danno psichico, danno morale, danno esistenziale.
Per affrontare dal punto di vista clinico e valutativo il danno esistenziale ed in particolare la lesione ai congiunti (c.d. danno riflesso), ossia le lesioni di diritti di cui siano portatori soggetti diversi dall’originario danneggiato ma in significativo rapporto con lui, è importante ribadire che cosa si intende per danno esistenziale e in che cosa si differenzia dal danno psichico (c.d. biologico) e dal danno morale.
Come accennato[31], il danno esistenziale consiste nella compromissione della sfera di esplicazione di quelle attività che rappresentano un mezzo di realizzazione per il soggetto. Tale categoria di danno rappresenta il tentativo della dottrina di offrire una tutela risarcitoria a quelle situazioni di pregiudizio che l’attuale sistema lascia prive di protezione, ossia quelle ripercussioni personali che, a prescindere dal verificarsi di un’eventuale malattia, possono manifestarsi nella sfera individuale, familiare e sociale di un individuo[32].
Il danno esistenziale, pertanto, nella ricostruzione offerta, costituisce una voce autonoma ed ulteriore di danno rispetto al danno biologico di natura psichica. Quest’ultimo, infatti, può essere risarcito solo ove si dimostri che l’illecito ha causato al familiare della vittima primaria una lesione del proprio diritto alla salute ed una menomazione della propria integrit
à psicofisica (es. depressione, disturbo post-traumatico da stress), dovendo tale danno essere provato dalle parti nel corso del giudizio ed essere valutato attraverso una consulenza medico-legale.
Il danno esistenziale si distingue inoltre dal danno morale, poiché quest’ultimo, comprensivo dei c.d.d. danni emozionali, rappresenta gli insondabili risvolti subiettivi della psiche in termini di sofferenza, patema d’animo, tristezza, che non è possibile accertare ma solo eventualmente desumere. Al contrario, il danno esistenziale è dotato di ben altra consistenza, in quanto è in grado di coprire una gamma più ampia e varia di ripercussioni esistenziali subite dalla persona, che non siano costituite dalle sole sofferenze morali del soggetto ma da una alterazione della vita quotidiana tali da determinare una limitazione al libero sviluppo della sua personalità.
Con riguardo al tema che interessa questo studio, ossia la lesione della salute del congiunto, l’interesse sotteso alla legittimazione ad agire è quello della conservazione e non alterazione del rapporto familiare con il leso come esistente prima dell’illecito. La lesione del rapporto familiare deriva dal fatto che il familiare rimasto offeso non è più quello di prima in quanto le sue lesioni non gli consentono di rapportarsi ed interagire con il congiunto come un tempo[33]. Il congiunto ne subisce conseguentemente una perdita per l’impoverimento del suo rapporto con il familiare e per tutti i cambiamenti che possono derivargli nella sua sfera di rapporti con l’esterno della famiglia, quando le sue frequentazioni o il suo stile di vita risultano legati alla presenza o comunque al contributo del leso, oppure quando egli deve dedicarsi all’assistenza dell’infortunato e non può più autodeterminare liberamente il proprio tempo.
Tutte queste modificazioni della qualità della vita rappresentano anch’esse una perdita da considerare dal punto di vista risarcitorio. Per evitare, però, pericolose duplicazioni di voci di danno ed ogni automatismo nel risarcimento[34], tale categoria di danno dovrà essere accertata attraverso una accurata analisi del singolo caso concreto in tutti i suoi aspetti esistenziali.
§2. La metodologia diagnostica.
Nello studio di questi eventi lesivi, non si può fare a meno di valutare l’entità del trauma rispetto al vissuto soggettivo attraverso il quale l’individuo lo elabora, in modo diretto o mediato, inserendolo nella propria esperienza esistenziale e nella propria realtà psichica.
Di fronte ad un medesimo evento traumatico sono possibili reazioni del tutto differenziate, sempre coerenti peraltro con la personalità di base del danneggiato. Da qui la necessità di una valutazione clinica consapevole del fatto che ogni evento può assumere un diverso valore a seconda del significato che gli viene attribuito dal danneggiato, nella specifica situazione del singolo caso.
Per raggiungere risultati accettabili sarà indispensabile svolgere un accurato studio su ciò che era il soggetto prima che venisse compromesso dall’evento traumatico subìto dal congiunto e quali siano le eventuali modificazioni peggiorative intervenute a seguito del danno ingiusto subìto. Sarà, quindi, necessario accertare lo stato anteriore del soggetto identificato attraverso lo studio accurato della personalità, dello stile di vita, delle modalità di reazione agli stimoli e di relazione con gli oggetti che gli sono propri e che sono integrati in un sistema unitario. Occorrerà quindi dedicare particolare attenzione allo sconvolgimento dei ruoli e dei rapporti familiari che si verifichi dopo la disgrazia e che impone ai congiunti nuove realtà di fondo e differenti modalità organizzative.
Esiste, inoltre, la necessità di quantificare il danno, operazione possibile attraverso un esame comparativo tra la condizione clinica ed esistenziale presente al momento dell’accertamento e quella preesistente all’evento traumatico, con l’obiettivo di verificare in quale misura, anche percentuale, siano state ridotte le attività realizzatrici della vita del soggetto.
Tali accertamenti devono necessariamente includere la raccolta di una anamnesi molto accurata, integrata da specifici test e/o rating scale e dall’intervista di fonti attendibili in grado di supportare le dichiarazioni rese dall’esaminato.
§2.1: Il colloquio clinico.
Il colloquio clinico è una tecnica di osservazione e di studio del comportamento umano: gli scopi più generali, che gli sono attribuiti, sono quelli di “raccogliere informazioni” (colloquio diagnostico) e di “motivare” ed “informare” (colloquio terapeutico e di orientamento)[35].
Questa tecnica ha applicazioni molteplici. In campo peritale e nel nostro caso specifico deve essere utilizzata per raccogliere informazioni da e sull’esaminando.
Grazie al colloquio clinico è possibile delineare la struttura della personalità del soggetto esaminato. Infatti, solo nell’ambito di una cornice più ampia, quale è quella dell’intera personalità, acquista il suo vero significato una determinata reazione emotiva o comportamentale, una disposizione percettiva ed interpretativa o una certa dinamica motivazionale.
La raccolta anamnestica che non si differenzierà sostanzialmente da quella abitualmente effettuata nella clinica, dovrà però necessariamente comprendere la valutazione dei seguenti aspetti:
· Valutazione del legame affettivo esistente e del significato attribuito dal congiunto al legame affettivo con la vittima primaria;
· Valutazione della compromissione e dello svolgimento della relazione tra vittima primaria e congiunto a seguito dell’evento lesivo;
· Valutazione della qualità di vita della vittima secondaria e delle eventuali modificazioni peggiorative insorte in seguito all’evento;
· Valutazione della dinamica familiare con particolare attenzione allo sconvolgimento dei ruoli e dei rapporti familiari che si verifica dopo la disgrazia;
· Valutazione di tutte le conseguenze che si verificano sul piano oggettivo nella vita del soggetto in quelle che sono le sue attività realizzatrici: la vita familiare, le relazioni sociali, le relazioni affettive, le attività culturali, le attività sportive e tutta la complessità che può essere incisa da quel determinato interesse che può essere variamente colpita a seconda dell’interesse in gioco.
Il tutto dovrà essere realizzato attraverso un esame comparativo tra la condizione clinica ed esistenziale presente al momento dell’accertamento e quella preesistente all’evento traumatico, con l’obiettivo di verificare in quale misura siano state ridotte le capacità e la possibilità del soggetto di rapportarsi all’ambiente, di mantenere relazioni con gli altri, di esprimere i propri sentimenti ed affetti, di vivere adeguatamente la sessualità e, in sintesi, di esprimere la propria abilità sociale e di garantire a se stesso una qualità di vita coerente con i suoi bisogni.
§2.2: Il supporto testistico.
Il colloquio non è l’unica fonte alla quale è possibile attingere per ricostruire la personalità del soggetto e per valutare le modificazione avvenute nella sua qualità della vita. È possibile avvalersi infatti di strumenti oggettivi in grado di integrare e avvalorare le informazioni raccolte attraverso il colloquio.
I test da utilizzare dovranno essere scelti appositamente per lo scopo preciso che si intende indagare. Va comunque ribadito che non conviene mai utilizzare un solo test ma una batteria testale. Usare una batteria di test significa moltiplicare i dati in possesso che devono riscontrarsi reciprocamente; da questo insieme, inizialmente frammentario, lo specialista ricava una congettura possibile, attendibile e verificabile[36].
Una batteria testale atta a valutare il danno esistenziale dev
e comprendere:
· Un test di efficienza globale, eventualmente integrabile con prove specifiche (cioè che valutano le singole capacità cognitive) o da scale di valutazione (rating scale);
· Un test di personalità proiettivo;
· Un questionario di personalità;
· Un questionario atto a valutare le relazioni familiari (ad es., Family Relations Test);
· Un questionario specifico per la misura della qualità della vita.
I test consigliati potranno essere sicuramente utili per raccogliere elementi non emersi in ambito anamnestico, per obiettivizzare l’approccio clinico e per raffrontare e completare le proprie conclusioni deduttive.
§ 2.3: Anamnesi oggettiva.
L’esaminato, in questo specifico caso il congiunto, è la fonte principale di informazioni. Occorre però considerare che in questo particolare ambito quale è quello peritale assumono una rilevante importanza le notizie provenienti dai familiari e dall’ambiente in cui vive il soggetto. Ciò è necessario per poter effettuare un controllo incrociato delle notizie provenienti dalle diverse fonti: esaminando, familiari, amici, conoscenti.
Il confronto tra la situazione clinica attuale e la ricostruzione storica dell’antecedente realtà dell’individuo appare senza dubbio difficile, ma è comunque realizzabile attraverso la comprensione dei vissuti della persona, di alcuni aspetti della sua realtà e da una adeguata descrizione della situazione che il soggetto vive al momento della valutazione.
§3. Nesso causale e danno esistenziale.
Come precedentemente esposto[37], la Corte di Cassazione con la sentenza n. 4186 del 23 aprile 1998 ha riconosciuto che “non solo in caso di morte, ma anche nel caso di lesioni colpose, è risarcibile, in quanto danno riflesso e purché sia dimostrato il nesso di causalità con il danno subìto dalla vittima immediata dall’illecito, il danno morale lamentato dai congiunti dell’offeso”[38] [39].
Il rapporto di causalità mira ad individuare ogni singolo evento antecedente al danno senza il quale il danno stesso non si sarebbe prodotto, per cui ove si intenda accertare la sussistenza della lesione alla salute del congiunto, occorrerà stabilire, di volta in volta, se il danno esistenziale inteso nella sua accezione più ampia sia effettivamente stato causato dal fatto ingiusto, ossia se esista un rapporto diretto ed immediato tra fatto lesivo e danno ingiusto. Vista la difficoltà ad attribuire una causalità lineare alla genesi del danno stesso, è importante presentare il parere peritale corredato dalla più ampia descrizione della situazione precedente e successiva all’evento, senza pronunciarsi sul nesso causale in termini di dimostrabilità, ma di probabilità o di semplice presumibilità, così da fornire al magistrato la possibilità di comprendere e di valutare ogni dato acquisito e ogni interpretazione che è stata proposta in merito allo stesso.
CONCLUSIONI
Negli ultimi anni si registra, prevalentemente in dottrina, un acceso dibattito circa il fondamento giuridico del “danno esistenziale”, quale nuova figura di danno. Essa è connotata dalla compromissione della qualità della vita della persona, sganciandosi dal patema d’animo transuente, genericamente ricompreso nel danno morale.
Tale danno è definibile, inoltre, come la forzosa rinuncia allo svolgimento di attività non remunerative, fonte di compiacimento e benessere per il danneggiato ma non causata da una compromissione dell’integrità psicofisica (c.d. danno biologico).
Il danno esistenziale si differenzia, quindi, dalle altre voci di danno che oggi costituiscono l’ossatura del sistema del risarcimento del danno alla persona: il danno biologico, il danno morale e il danno patrimoniale.
Mentre si segnalano alcune pronunce positive presso i giudici di merito, la Suprema corte di Cassazione subordina invece la tutela risarcitoria all’esistenza di una lesione – compromissione del bene salute.
È presumibile, tuttavia, che il riconoscimento istituzionale del danno esistenziale – ripercorrendo la lunga e travagliata strada che ha condotto all’accoglimento della categoria risarcitoria del danno biologico – non tardi ad arrivare.
Nel frattempo, occorrerà gradatamente assuefarsi ad una prospettiva in cui per il risarcimento del danno alla persona sia previsto (dai manuali e dalla prassi) come indispensabile l’intervento di un team di esperti capace di descrivere più o meno minuziosamente i vissuti (e non vissuti) della vittima su ambedue i fronti che interessano:
a) quello dell’”esistenziale-biologico” ossia cosa vorrà dire trovarsi menomato, accecato, azzoppato, contagiato, avvelenato, svirilizzato, assordato, sfregiato, etc.;
b) quello dell’”esistenziale non biologico” ossia in cosa è destinata a peggiorare la quotidianità di chi si veda calunniato, insidiato nei suoi segreti, assediato dal rumore, dimenticato da chi dovrebbe mantenerlo, colpito nei suoi diritti di recluso; come e quanto può cambiare la vita di una donna molestata, di chi sia licenziato ingiustamente, o si trovi in casa un parente handicappato, di un bambino che perda la madre, di chi sia minacciato dal racket.
Posto che il risarcimento del danno (di quale natura esso sia) presuppone un accertamento degli elementi di cui si compone la relativa fattispecie (fatto lesivo, danno e rapporto di causalità adeguata tra fatto e danno[40]), compito del consulente tecnico è quello di accertare anzitutto l’esistenza del danno e, quindi, se il danno stesso possa ascriversi al fatto lesivo.
L’esigenza della figura dello psicologo nella veste del consulente tecnico nasce quindi dalla necessità di poter disporre di un tecnico in grado di comprendere l’individuo negli aspetti più intimi della sua persona e capace, tramite gli strumenti propri della psicologia, di determinare se realmente vi è stato un mutamento in negativo del complesso delle attività realizzatrici della persona. Il tutto per poter garantire un risarcimento adeguato alla lesione di un diritto assistito dalla garanzia costituzionale.
[1] Rossetti M., Il danno alla salute: nozione accertamento e liquidazione, in Rivista giuridica della circolazione e dei trasporti, 1999. Tantalo M., Uso dei reattivi mentali in psichiatria forense. Riflessioni critiche, in Rivista italiana di medicina legale, 1992.
[2] Il danno patrimoniale (arg. ex artt. 1223, 2043, 2056 c.c.) consiste in una diminuzione del patrimonio del soggetto leso per effetto delle spese sostenute in seguito alla lesione (c.d. danno emergente) o per il mancato guadagno conseguenza diretta e immediata della condotta illecita (c.d. lucro cessante). Il risarcimento del danno patrimoniale, quindi, ha la funzione di reintegrare il patrimonio del danneggiato nella esatta misura della sua lesione. In Gazzoni F., Manuale di diritto privato, VII edizione aggiornata, Edizioni Scientifiche Italiane, 1998, p. 693.
[3] Il danno morale (art. 2059 c.c.) si sostanzia nel transitorio turbamento psicologico del soggetto offeso per effetto del fatto illecito altrui, riparabile solo in presenza di reato (ex. art. 185 c.p.). La riparazione del danno morale ha funzione punitivo sanzionatoria per il danneggiante-reo ed anche consolatoria (pretium doloris) per il danneggiato-persona offesa (cfr. Gazzoni F., op. cit., p. 693).
[4] Per danno biologico si intende la lesione dell’integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico legale (disciplinato dal combinato disposto degli artt. 32 cost. e 2043 c.c.). Il danno biologico è risarcibile soltanto come pregiudizio effettivamente conseguente ad una lesione; deve cioè sussistere in una menomazione fisica e/o psichica accertata a livello medico-legale. (cfr. art. 13 d.l.g.s n. 38/2000; art. 3 n. 2 d.l. n. 70/2000; art. 1 n.
2 dis. legge Consiglio dei Ministri del 10/05/2000, nonchè il recente art. 5, n. 3, L. 5 marzo 2001 n. 57). Merzagora I., Il danno alla salute dei congiunti superstiti o dei congiunti del gravemente leso, in Il danno psichico di W. Brondolo e A. Marigliano.
[5] Cass. Civ. n 10539/1994, in Rivista giuridica della circolazione e dei trasporti, 1995.
[6] Corte Cost. 18 luglio 1991, n. 356.
[7] Cendon, Il danno esistenziale, Giuffrè, 2000, pagg. 46-47. V., inoltre, Ziviz P.
[8] Risarcire il danno esistenziale non significa garantire un automatico riscontro, sul piano risarcitorio, di ogni compromissione del benessere esistenziale dell’individuo. Assumono rilevanza esclusivamente i riflessi esistenziali che discendono dalla violazione di un interesse tutelato dall’ordinamento; sono, inoltre, destinate ad intervenire le regole della causalità che assicureranno rilevanza risarcitoria soltanto a quelle ripercussioni esistenziali negative che appaiano direttamente collegate alla lesione. Cfr. Cannetti S., Il lavoro di osservazione, in Lo psicologo criminologo, a cura di Gaetano De Leo, Giuffrè, 1996.
[9] Tale categoria di danno prende in considerazione la pretesa risarcitoria formulata dal coniuge di un soggetto vittima di un illecito, relativa all’impossibilità di ripristinare normali rapporti sessuali. Pellecchia E., La lesione della sfera sessuale del coniuge, in Cendon, op. cit., p. 61 e ss. V., pure, Carta I., La personalità, in Il danno psichico di W.Brondolo e A. Marigliano.
[10] La lesione della salute di una persona comporta la legittimazione ad agire anche dei congiunti, ovvero di quei soggetti legati alla vittima della lesione personale da rapporti di natura familiare, i quali si reputano anch’essi danneggiati dal fatto illecito del responsabile. Tommaso A., La lesione della salute del congiunto, in Cendon, op. cit., p. 73 e ss.; v., pure, Gazzoni, op. cit., p. 307.
[11] Tale categoria di danno prende in considerazione i danni subiti in seguito alla morte del congiunto e/o del familiare per fatto illecito altrui. Suppa M.P., La morte del congiunto, in Cendon, op. cit., p. 136 e ss.
[12] I danni connessi alla procreazione (intesa non come evento, bensì quale processo in cui il gesto procreativo rappresenta l’elemento centrale attorno al quale ruotano ed interagiscono numerose figure), concernono il danno derivante da un errato trattamento ostetrico, da diagnosi intempestive, da lesioni all’attitudine a procreare, tutte da tenere distinte rispetto alla sfera sessuale. Bilotta F., La nascita di un figlio ti cambia la vita: profili del danno esistenziale nella procreazione, in Cendon, op. cit. p. 229 e ss.
[13] Vista la rilevanza giuridica del valore affettivo dell’animale, la relativa categoria di danno prende in considerazione il riconoscimento del danno esistenziale nel caso di perdita o sofferenza grave dell’animale causate da un terzo. Castignone S., La morte dell’animale d’affezione, in Cendon, op. cit., p. 267 e ss.
[14] Nella lesione dell’identità personale o dell’onore è ravvisabile un danno esistenziale c.d. statico, il quale sussiste quando sia rilevabile un pregiudizio per lesione di un diritto della personalità, prescindendo dal soggetto leso, per il solo fatto che si tratta di una persona umana. Psaro M., Le conseguenza non patrimoniali della lesione dell’onore, in Cendon, op. cit., p. 281 e ss.
[15] La relativa categoria di danno prende in considerazione i riflessi esistenziali della lesione alla riservatezza, essendo tale diritto tutelato dal nostro ordinamento da un complesso di norme penali: artt. 615 bis–quater, 616; 617bis–quinquies, 618, 619, 620, 621 c.p. Clemente A., La lesione della riservatezza, in Cendon, op. cit., p. 319 e ss.
[16] Per quanto riguarda il danno da ingiusta detenzione, tale fattispecie, con particolare riguardo ai detenuti in attesa di giudizio, è espressamente contemplata nell’art. 314 c.p.p., in cui il requisito dell’ingiustizia viene preso in considerazione non solo sotto l’aspetto formale, ma in modo obiettivo. Alla luce della normativa vigente, il cittadino, ingiustamente detenuto, ha un vero e proprio diritto soggettivo, cui corrisponde l’obbligo dello Stato di pagare una determinata somma di denaro che serve a compensare l’interessato delle conseguenze personali di natura morale, patrimoniale, fisica e psichica, ivi compreso il danno all’immagine e all’identità personale. D’Onofrio M., I danni derivanti da ingiusta detenzione, in Cendon, op. cit., p. 333 e ss.
[17] Tale categoria di danno prende in considerazione gli aspetti più rilevanti delle ripercussioni esistenziali della medical malpractice e, in particolare, i riflessi peggiorativi che l’uomo subisce per effetto dell’illecito compiuto dal medico. Maschio F., Il danno esistenziale nella responsabilità medica, in Cendon, op. cit., p. 429 e ss.
[18] Partendo dall’art. 2087 c.c., norma posta a protezione dell’integrità fisica e della personalità del lavoratore, tale profilo di danno prende in considerazione le ripercussioni esistenziali derivanti dalla dequalificazione professionale, dall’esclusione dal posto di lavoro e dal danno alla professionalità. Cester C., Rapporto di lavoro, danno esistenziale e licenziamento, in Cendon, op. cit., p. 493.
[19] Il richiamo “all’esistenza” in tale tipo di danno fa riferimento a quelle conseguenze della lesione subita, i cui effetti non hanno carattere istantaneo, ma si evidenziano con il trascorrere del tempo e attraverso il cambiamento del comportamento della vittima. Rossomando A., Le conseguenze non patrimoniali della violazione della libertà sessuale, in Cendon, op. cit., p. 507 e ss.
[20] La relativa categoria di danno prende in considerazione i turbamenti psichici, le sofferenze dell’animo a lungo termine, le future ripercussioni attinenti alla sfera affettiva, allo sviluppo interiore e di relazione che indubitabilmente si presenteranno nel corso della vita della vittima e che, pertanto, potrebbero essere oggetto di valutazione a carattere presuntivo. Navazio L., Danno esistenziale del minore vittima di maltrattamenti e di abusi sessuali, in Cendon, op. cit., p. 515 e ss.
[21] L’esperienza della tossicodipendenza comporta lo stravolgimento dell’intera esistenza dell’individuo che ne cade vittima, il quale sarà destinato a restare definitivamente segnato dall’impatto con lo psicofarmaco. Da qui l’esigenza di prevedere una risarcibilità del danno esistenziale da induzione alla tossicodipendenza, che prenda in considerazione non solo i disagi patiti dal soggetto stesso ma anche tutte quelle situazioni di turbamento psichico sofferte dai familiari del tossicodipendente, per le continue pressioni psicologiche che minano fondamentalmente la serenità e l’equilibrio della loro esistenza. Ianigro R., Tossicodipendenza e danno esistenziale, in Cendon, op. cit., p. 537 e ss.
[22] La valutazione del danno da usura dovrebbe comprendere tra le poste da risarcire non solo gli effetti di carattere patrimoniale ma anche i drammi esistenziali, considerando gli effetti deleteri sulla vita della vittima e dei suoi familiari, rapportata al periodo anteriore alla commissione dell’illecito. Navazio L., Danno esistenziale e vittime dell’usura, in Cendon, op. cit., p. 567 e ss.
[23] Il danno esistenziale provocato da immissioni rumorose fa riferimento a tutti quei suoni che provocano nell’uomo una sensazione sgradevole e più o meno inaccettabile a causa soprattutto del fastidio, dell’affaticamento, del disturbo e a volte del dolore influente sul quotidiano svolgimento dell’esistenza di ciascun individuo, senza alcun riferimento a parametri strettamente produttivistici. Minunni A., Le ripercussioni non patrimoniali delle immissioni, in Cendon, op. cit., p. 579 e ss.
[24] Il danno ambientale si presenta come danno diffuso, come danno alla collettività. Le valenze esistenziali del bene ambiente
si possono tenere conto in riferimento alle ripercussioni economiche che vengono a gravare sulla società a causa di un danno ambientale considerato per l’appunto collettivo e patrimoniale. Pozzo B., Il danno ambientale e danno esistenziale, in Cendon, op. cit., p. 593 e ss.
[25] Tale voce si riferisce al risarcimento del danno derivante dal minor godimento o disagio prodotto in conseguenza di una vacanza non adeguata alle aspettative del cliente. Morandi F., Il danno da vacanza rovinata, in Cendon, op. cit., p. 625 e ss.
[26] La catastrofe è un evento – danno sociale, che colpisce le sfere più individuali del soggetto e l’ambiente di vita della persona con tutto ciò che lo caratterizza. Riva I., Il danno da catastrofe, in Cendon, op. cit., p. 687 e ss.
[27] Pedrazzi G., Il danno esistenziale: Trieste 13 – 14 Novembre 1998, in Danno e Responsabilità n. 3/1999 pagg. 348-355.
[28] Il problema della legittimazione ad agire dei congiunti non è considerato in maniera esplicita da alcuna previsione normativa, pertanto attualmente i giudici hanno argomentato le proprie decisioni (spesso difformi) alle pretese dei richiedenti attraverso l’impiego delle categorie concettuali costitutive della fattispecie “fatto illecito”, le quali sono passibili di diversa interpretazione. In Cendon, op. cit., p. 74.
[29] La pronuncia che opera questo cambiamento è una sentenza di legittimità degli inizi degli anni novanta (Cass. n. 60 del 7/1/1991) riguardante un caso di incidente stradale dal quale erano derivati postumi invalidanti lievi (11%) ad una casalinga il cui marito aveva chiesto il risarcimento dei danni patrimoniali da lui risentiti in conseguenza dell’anticipato pensionamento per assistere la moglie. “Il risarcimento della lesione dei c.d. “diritti riflessi” o di rimbalzo: un caso di specie deciso dalla Suprema Corte” in Dir. Prat. Assic. 1991, fasc. 1, pt. 2, pagg. 133-134.
[30] Pellecchia E., Danno morale e legittimazione ad agire delle c.d. vittime secondarie in caso di lesioni, in Danno e responsabilità n. 2/1999. V. Marini G., Una nuova lettura dottrinale del danno alla persona, in Danno e responsabilità n. 5/1999. Cfr., infine, Ziviz P., La tutela risarcitoria della persona – danno morale e danno esistenziale, Giuffrè, 1999.
[31] V. capitolo precedente.
[32] Il tribunale di Torino in una recente sentenza ha affermato che “la tripartizione classica del danno ingiusto risarcibile è inadeguata ed insufficiente a rappresentare la complessità e la rilevanza dei legami e dei rapporti che si esplicano nell’ambito del consortium familiare”. Inoltre, “poiché nella famiglia si esplica la personalità di ciascun componente, estrinsecandosi in diritti inviolabili riconosciuti e garantiti a livello costituzionale, il fatto illecito del terzo, incidente sul diritto di un congiunto, che determini in via mediata e diretta la lesione dei diritti correlati dai familiari, determina in capo a questi ultimi un danno ingiusto, autonomamente risarcibile ex art. 2043 c.c. e qualificabile come danno esistenziale”. Tribunale di Torino 8 agosto 15, in Resp. Civ. e prev., 1996, p. 282.
[33] Al riguardo una recentissima sentenza del Tribunale di Firenze ha riconosciuto ai congiunti della vittima primaria il risarcimento del cosiddetto danno edonistico, sostenendo che “questo tipo di danno attiene alla perdita di una sorta di status connesso al particolare rapporto che lega il soggetto con la persona colpita dall’evento dannoso: così il coniuge per effetto della perdita o grave menomazione dell’altro coniuge, i genitori per la perdita dei figli o comunque viceversa, trattandosi della sparizione di quell’insieme di rapporti connessi al coniugio nell’un caso e nell’altro della condizione parentale filiale”. Secondo il giudice toscano quindi “non c’è dubbio che, a parte i riflessi economici e il dolore per la scomparsa della persona cara – che vengono espressamente, per quanto possibile, rimborsati – coloro che si trovano nelle suindicate strettissime posizioni soffrono per effetto della scomparsa del congiunto una menomazione propria. Tale danno si concretizzerrebbe nella perdita della stabilità di situazioni connesse alla loro posizione, anche legalmente riconosciuta come un insieme di diritti ed obblighi, nei confronti della vittima diretta”. Tribunale di Firenze 24 gennaio – 24 febbraio 2000 n. 451/2000, in Guida al diritto, numero 25, 8 luglio 2000.
[34] Per giustificare la pretesa risarcitoria – come detto – non potrà infatti essere ritenuta sufficiente la mera titolarità di un rapporto familiare e neppure l’affermazione di aver patito un dolore per effetto della lesione di cui il congiunto sia rimasto vittima. Pellecchia E., Danno morale e legittimazione ad agire delle c.d. vittime secondarie in caso di lesioni, in Danno e Responsabilità n..2/1999. Merzagora I., Il danno psichico con particolare riguardo all’ipotesi del danno alla salute dei congiunti superstiti o dei congiunti del gravemente leso, in Le nuove frontiere del danno risarcibile, Acomep, Pisa, 1995.
[35] Canestrari R., Psicologia generale e dello sviluppo, Clueb, Bologna.
[36] Schernardi C., Danno biologico psichico e danno esistenziale, Edizioni Sapere, 2000, p. 263. Monateri G., Alle soglie di una nuova categoria risarcitoria: il danno esistenziale, in Danno e responsabilità, 1999.
[37] V. cap. 1.
[38] Pellecchia E., op. cit. V., pure, Ponzanelli G., Limiti del danno esistenziale: postfazione al convegno triestino, in Danno e responsabilità n. 3/1999.
[39] Attualmente, la risarcibilità del danno morale ai congiunti è in linea di massima ammessa dalla giurisprudenza solamente nel caso di morte del familiare e non invece nel caso in cui questo abbia subito solo delle lesioni e sia successivamente sopravissuto, problema che potrebbe trovare soluzione in questa nuova categoria di danno qual è quella del danno esistenziale. Berzari G., Il danno da morte biologico e morale, Cedam, 2000. Cfr., altresì, Cendon P., Non di sola natura vive l’uomo, in Studi Rescigno, V, Milano 1999.
[40] Senza prescindere, ovviamente, dal requisito della colpevolezza, che – salvo i rari ed opinabili casi di responsabilità oggettiva – è indefettibile presupposto della punibilità e della risarcibilità del danno. Cfr. Liguori M., Il risarcimento dei danni morali subiettivi subiti dai congiunti del macroleso, in Rivista giuridica della circolazione e dei trasporti, fasc. 3, 1999. 12. Monateri G.
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