§ 1. Il trasferimento d’azienda e la sorte dei contratti in corso.
§ 2. Il trasferimento d’azienda e la sorte dei debiti.
§ 3. La successione nel processo.
* * *
§ 1. Il trasferimento d’azienda e la sorte dei contratti in corso.
Ex art. 2558 c.c., il trasferimento d’azienda[1] importa la successione ipso jure[2] nei rapporti contrattuali che non abbiano carattere personale e sempreché le parti non abbiano pattuito diversamente[3], poiché “senza il passaggio dei contratti inerenti all’esercizio dell’impresa, l’integrale trasferimento dell’azienda con il suo avviamento sarebbe impossibile”[4].
In particolare, la successione riguarda sia i contratti che attengono direttamente all’esercizio dell’impresa, in quanto hanno riguardo all’attività che della singola impresa costituisce tipico e specifico oggetto, sia i contratti che all’impresa attengono solo indirettamente, perché intesi a procurare i mezzi necessari per il suo esercizio (ad es., i locali in cui l’impresa ha la sua sede o svolge la sua attività; gli strumenti occorrenti per la redazione della sua contabilità e della sua corrispondenza)[5].
In ogni caso, la menzionata successione nei contratti attua “una generale sostituzione dell’acquirente dell’azienda nelle posizioni contrattuali dell’imprenditore alienante”[6], e ciò “a prescindere dalla riscontrabilità delle relative poste passive nelle scritture contabili”[7].
A tal proposito, si ritiene comunemente che presupposti per l’applicabilità dell’art. 2558 c.c. siano la corrispettività e la pendenza di entrambe le prestazioni, che non devono essere state già interamente eseguite[8] (o esaurite)[9].
Si ricorda tuttavia che “mentre la cessione del contratto di cui agli artt. 1406 c.c. e ss. si riferisce a prestazioni non ancora eseguite ed ha l’effetto di sostituire il terzo, col consenso dell’altra parte, nella posizione dell’originario obbligato, la successione nei contratti di cui all’art. 2558 c.c. ha effetti più ampi, potendo intervenire in qualsiasi fase del rapporto contrattuale e quindi anche nella fase contenziosa conseguente ad una domanda di esatto adempimento, di garanzia per vizi e di risoluzione per inadempimento, assumendo in tal caso l’acquirente dell’azienda la posizione di successore a titolo particolare nel diritto controverso anche agli effetti del disposto dell’art. 111 c.p.c.”[10].
§ 2. Il trasferimento d’azienda e la sorte dei debiti.
Secondo l’art. 2560 c.c.[11], l’alienante non è liberato dai debiti, inerenti all’azienda ceduta, anteriori[12] al trasferimento se non risulta che i creditori vi hanno consentito, e degli stessi debiti risponde anche l’acquirente dell’azienda[13], se essi risultano dai libri contabili obbligatori. Tale accollo (cumulativo[14]) da parte dell’acquirente è stato posto dal legislatore “a tutela dei creditori, che si vedrebbero altrimenti privati della garanzia dei beni aziendali”[15].
Secondo una dottrina autorevole ma minoritaria, “nell’alienazione dell’azienda, il passaggio dei debiti dell’alienante all’acquirente è la regola, e non già l’eccezione” e “in virtù dei principi, l’acquirente risponderà dei debiti aziendali da lui concretamente conosciuti come tali, indipendentemente dalla loro iscrizione nei libri”[16].
Secondo l’opinione prevalente, invece, “l’iscrizione nei libri contabili obbligatori dell’azienda è un elemento costitutivo essenziale della responsabilità dell’acquirente dell’azienda per i debiti ad essa inerenti”[17] “a nulla rilevando la conoscenza effettiva del debito da parte dell’acquirente”[18] e “in materia di cessione d’azienda, l’inesistenza dei libri contabili, dovuta a qualsiasi ragione, compresa la non obbligatorietà per lo specifico tipo di impresa, rende impossibile l’elemento costitutivo della responsabilità del cessionario per i debiti relativi all’azienda e conseguentemente preclude il sorgere della medesima responsabilità”[19].
§ 3. La successione nel processo.
La cessione d’azienda importa le successione a titolo particolare dell’acquirente ex art. 111 c.p.c.[20], con la conseguenza che il processo prosegue tra le parti originarie, e l’alienante – in virtù della c.d. legittimazione straordinaria – “agisce o resiste in giudizio per un diritto che non è più suo”[21].
Ciò significa che il processo non subisce di per sé alcuna interruzione e che la partecipazione ad esso del successore è solo eventuale[22], poiché la successione può rimanere ignota al processo, perché non dichiarata.
Il successore a titolo particolare, tuttavia, può intervenire nel processo (senza però introdurre domande nuove[23]) o essere chiamato ad opera delle parti originarie, fino all’udienza di precisazione delle conclusioni[24] e senza che operino le preclusioni dell’art. 269 c.p.c.[25].
Ma, anche nel caso in cui il terzo acquirente d’azienda non partecipi al processo, la sentenza, ex art. 111, co. 4, c.p.c., farà stato anche nei suoi confronti (in deroga al principio per il quale la sentenza non ha normalmente effetti per i terzi[26]), e, in particolare, la controparte vittoriosa potrà usare contro il successore il titolo esecutivo che ha ottenuto nei confronti della parte originaria[27].
Infatti, la sentenza di condanna emessa contro una parte, a cui ne è succeduta un’altra a titolo particolare nel corso del processo di cognizione, esplica la sua efficacia anche di titolo esecutivo nei confronti di quest’ultima, pur se in essa sentenza non menzionata, e pertanto il pignoramento dei suoi beni non dà luogo all’espropriazione presso terzi (art. 543) e il creditore non deve istaurare il procedimento di accertamento dell’obbligo ai sensi dell’art. 548, essendo la stessa debitrice, e non terzo[28].
Ciò detto, vale comunque la pena di segnalare quella giurisprudenza, secondo cui “il conferimento di un’azienda individuale in una società comporta una successione a titolo particolare soggetta alle disposizioni degli art. 2558 c.c. e ss., per quanto attiene agli aspetti sostanziali, con il conseguente subentro dell’acquirente in tutti i rapporti di debito e credito facenti capo all’azienda ceduta, e dell’art. 111 c.p.c., per quanto attiene agli aspetti processuali, la qual cosa comporta – ove la cessione dell’azienda sia avvenuta nel corso di una causa inerente all’esercizio dell’azienda medesima – che l’acquirente può intervenire nel processo e può in ogni caso impugnare la sentenza pronunciata nel processo stesso facendo essa comunque stato nei suoi confronti, ma non può certamente instaurare un autonomo giudizio per la decisione della medesima controversia, in quanto la sua qualità di successore a titolo particolare nella situazione controversa lo parifica alla parte originaria a tutti gli effetti sostanziali e processuali”[29].
NOTE:
[1] Secondo Cass. 29 gennaio 1979 n. 632, l’art. 2558 c.c. “trova applicazione, in virtù di interpretazione estensiva, non soltanto nelle ipotesi espressamente previste dell’alienazione, dell’usufrutto e dell’affitto dell’azienda, ma anche negli altri casi nei quali ricorra un trasferimento d’azienda, cioè la sostituzione, in forza di un fatto giuridico idoneo a produrla, di un imprenditore ad un altro nell’esercizio dell’impresa”.
[2] Cfr., Cass. 19 giugno 1996 n. 5636, secondo cui la menzionata successione prescinde dalla conoscenza che l’acquirente abbia, o possa avere, dell’esistenza e del contenuto dei singoli rapporti che gli vengono trasferiti.
[3] Secondo Ferri, Manuale di diritto commerciale, pag. 233, la successione nei contratti ex art. 2558 c.c., in deroga all’art. 1406 c.c., avviene
ope legis, cioè senza il consenso del contraente ceduto.
[4] Cfr., Nss. Dig. It., voce: Azienda, pag. 12, n. 43. Di contrario avviso è G. Ferrari, in Enc. Dir., voce: Azienda (dir. priv.), pag. 715.
[5] Cfr., Nss. Dig. It., voce: Azienda, pag. 12, n. 43.
[6] P. Cendon, Commentario al codice civile, art. 2558, pag. 1422 e ss.
[7] Cass. 29 aprile 1999 n. 4301, nonché Cass 25 luglio 1987 n. 6457.
[8] G. Ferrari, in Enc. Dir., voce: Azienda (dir. priv.), pag. 717.
[9] Cass. 29 aprile 1998 n. 4367.
[10] Cass. 11 agosto 1990 n. 8219.
[11] Si tratta di norma imperativa posta a tutela dei terzi creditori, per cui non può essere derogata da un accordo fra alienante ed acquirente, ma solo da un accordo fra acquirente e creditori: cfr., sul punto, G. Ferrari, in Enc. Dir., voce: Azienda (dir. priv.), pag. 730.
[12] Sono “anteriori” quei debiti assunti dall’alienante prima del trasferimento, non occorrendo invece che essi siano già scaduti: G. Ferrari, in Enc. Dir., voce: Azienda (dir. priv.), pag. 729.
[13] G. Ferrari, in Enc. Dir., voce: Azienda (dir. priv.), pag. 731, secondo cui non si tratta di successione dell’acquirente nei debiti relativi all’azienda ceduta ma di semplice addossamento di una mera corresponsabilità.
[14] Cfr., G. Ferrari, in Enc. Dir., voce: Azienda (dir. priv.), pag. 730, secondo cui “i creditori aziendali potranno contare su due debitori, alienante ed acquirente, obbligati in solido secondo il disposto generale dell’art. 1294 c.c.”.
[15] G. Ferrari, in Enc. Dir., voce: Azienda (dir. priv.), pag. 715.
[16] Cfr., Nss. Dig. It., voce: Azienda, pag. 13, n. 47, secondo cui “nell’ipotesi di mancanza dei libri legalmente prescritti, l’acquirente dell’azienda, messo sull’avviso dall’assenza di contabilità, avrà un particolare dovere di diligenza nell’informarsi dei debiti preesistenti”. Di contrario avviso, la dottrina e la giurisprudenza maggioritarie, come tra breve nel testo. V., ad es., G. Ferrari, in Enc. Dir., voce: Azienda (dir. priv.), pag. 730, il quale ritiene “inequivoco e tassativo il disposto testuale”. V., pure, P. Cendon, Commentario al codice civile, art. 2560, pag. 1428, il quale richiama a conforto della propria tesi Cass. 113/75 e 1726/72.
[17] Cfr. Cass. 20 giugno 1998 n. 6173, nonché Tribunale Roma 26 gennaio 1980 e Tribunale Torino 23 marzo 1979.
[18] Cfr. Tribunale Genova 15 aprile 1992 e Tribunale Perugia 25 giugno 1997, nonché Cass. 3 marzo 1994 n. 2108, secondo cui “il registro iva degli acquisti non può ritenersi equiparabile ai menzionati libri”.
[19] Cass. 20 febbraio 1999 n. 1429.
[20] In dottrina, Mandrioli, Corso di diritto processuale civile, Vol. I, pagg. 356-7, nota 3; in giurisprudenza, Cass. 28 dicembre 1989 n. 5803.
[21] Mandrioli, Corso di diritto processuale civile, Vol. I, pag. 361.
[22] R. Vaccarella e G. Verde, Codice di procedura civile commentato, art. 111, pag. 785; in giurisprudenza, v. Cons. Stato 3 aprile 1985 n. 113.
[23] Cass. 2 agosto 1968 n. 2763.
[24] Cass. nn. 2459/90, 3620/90, 11833/91, 2108/91.
[25] R. Vaccarella e G. Verde, Codice di procedura civile commentato, art. 111, pag. 787, nonché Appello Napoli 16 luglio 1968.
[26] R. Vaccarella e G. Verde, Codice di procedura civile commentato, art. 111, pag. 786.
[27] In dottrina, Mandrioli, Corso di diritto processuale civile, Vol. III, pag. 43 e ss., nonché Fazzalari, La successione nel diritto controverso, pag. 1388 e ss.; in giurisprudenza, Cass. nn. 1185/65, 1309/65, 2381/66, 3925/68, 228/71.
[28] Cass. n. 2748/98
[29] Tribunale Bologna 14 ottobre 1996, v., altresì, Cass. 19 marzo 1991 n. 2928, nonché Cass. 19 gennaio 1995 n. 590, e Cass. 10 marzo 1990 n. 1963.
0 Comment