L’art. 147 c.c.[2], infatti, “va letto alla luce delle novità introdotte dalla Costituzione”[3], secondo cui i genitori hanno l’obbligo (oltre che il diritto) di “mantenere, istruire ed educare i figli nati fuori del matrimonio”[4].
Pertanto, il riconoscimento (così come l’accertamento giudiziale della paternità o della maternità) comporta da parte del genitore l’assunzione di tutti i doveri e di tutti i diritti spettanti nei confronti dei figli legittimi[5].
Ma, come procedere nel caso in cui uno dei genitori non ottemperi spontaneamente ai menzionati obblighi?
Secondo l’art. 148 c.c., “in caso di inadempimento, il presidente del tribunale[6], su istanza di chiunque vi ha interesse, sentito l’inadempiente ed assunte informazioni, può ordinare con decreto che una quota dei redditi dell’obbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente all’altro coniuge”. La stessa norma precisa che il decreto va notificato e costituisce titolo esecutivo[7].
Si tratta, in buona sostanza, di un procedimento speciale[8] (a cognizione sommaria[9]) cui si può far ricorso (in alternativa al giudizio ordinario di condanna[10]) nel caso in cui il genitore inadempiente abbia crediti verso terzi[11]. Lo speciale procedimento di cui all’art. 148 c.c., infatti, può essere esperito solo nei confronti di terzi debitori del genitore tenuto al mantenimento della prole[12]. In questa ipotesi, il presidente del tribunale adìto può imporre al terzo debitore di pagare quanto da lui dovuto direttamente all’altro genitore[13], attraverso “un procedimento che partecipa della natura di quello di ingiunzione e di quello di espropriazione presso terzi”[14].
Tuttavia “il giudice, in forza del potere di qualificazione delle domande che comunque gli compete, può considerare come proposto ex art. 700 c.p.c., e quindi ammissibile, il ricorso (erroneamente qualificato come ex art. 148 c.c.) proposto dalla moglie nei confronti del marito, e volto a conseguire la condanna di quest’ultimo, inadempiente, a corrisponderle un assegno periodico quale contributo al mantenimento del figlio minore”[15].
Autorevole dottrina[16] sottolinea tuttavia come nonostante la giurisprudenza di legittimità[17] neghi l’utilizzabilità di tale procedimento al fine di ottenere una condanna direttamente a carico del genitore inadempiente, la giurisprudenza di merito[18] e la dottrina[19] sono di contrario avviso.
Sull’applicabilità di tale norma anche alla filiazione naturale non vi sono dubbi[20], così come è certo che nel caso di prestazioni già eseguite da parte dell’unico genitore adempiente, quest’ultimo ha un vero e proprio diritto di regresso nei confronti del genitore inadempiente cui può quindi chiedere il rimborso jure proprio mediante l’instaurazione di “un normale procedimento contenzioso fra due persone maggiorenni, che ha ad oggetto una prestazione patrimoniale che si deve concludere con una sentenza di competenza del giudice ordinario”[21]. Infatti, “per far valere il diritto al mantenimento, finché il figlio è minorenne, il genitore agisce quale rappresentante dello stesso; una volta divenuto maggiorenne, tale rappresentanza viene meno e deve essere il figlio ad agire a tutela del proprio diritto; nondimeno, il genitore che provveda per intero al mantenimento, si surroga ex art. 1203 c.c. in tale diritto e può agire in prima persona”[22].
NOTE
[1] Galgano, Manuale di diritto privato, pag. 752.
[2] Secondo tale disposizione, “il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli”.
[3] Cendon, Codice civile commentato, art. 147, pag. 397.
[4] Art. 30 Cost.
[5] art. 261 c.c.
[6] Il tribunale dei minorenni, infatti, non ha competenza a decidere sulla domanda proposta dal genitore naturale affidatario della prole riguardo all’assegno di mantenimento, poiché tale procedura non è compresa nella tassativa elencazione ex lege delle competenze attribuite al Tribunale dei Minori (cfr. Corte Appello Genova 18/7/1996, nonché Corte Appello Roma 9/11/1993).
[7] Si ricorda pure che, avverso il menzionato decreto, è possibile proporre impugnazione entro 20 giorni secondo le norme in tema di opposizione a decreto ingiuntivo.
[8] Secondo Cass. n. 8382/2000, in tale tipo di procedimento non è necessaria la presenza del P.M.
[9] Villa (in trattato Bonilini), Il diritto di famiglia. Filiazione ed adozione, III, pag. 274.
[10] Cfr. Cass. n. 3402/1995.
[11] Trib. Firenze 31.10.1983.
[12] Tribunale Napoli 4 febbraio 2000.
[13] Cendon, Codice civile commentato, art. 148, pag. 400.
[14] Cfr. Finocchiaro e Malaga, citati da Cendon, Codice civile commentato, art. 148, pag. 401.
[15] Tribunale Napoli 4 febbraio 2000.
[16] Villa (in trattato Bonilini), Il diritto di famiglia. Filiazione ed adozione, III, pag. 275.
[17] Cfr., per tutte, Cass. n. 2153/1979.
[18] Trib. Messina 10.5.1991, Trib. Milano 25.6.1987.
[19] Salvaneschi, In tema di legittimazione passiva ex art. 148 c.c., pag. 830; Orsenigo, In tema di legittimazione passiva del debitore degli obblighi di mantenimento, Foro Italiano, 1984, I, pag. 2351; Dogliotti.
[20] Cfr., ad es., Cass. n. 6217/1994. In dottrina, Villa (in trattato Bonilini), Il diritto di famiglia. Filiazione ed adozione, III, pag. 274.
[21] Cass. n. 4273/91. V., pure Cass. n. 3049/94.
[22] Pretua Lucca 24 luglio 1998.
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